L'argomento di cui vado a parlarvi quest'oggi, miei baldi giuovini, riguarda un qualcosa di molto vicino a me, geograficamente ma non solo. Per chi non è di Torino probabilmente questo pezzo sembrerà "alieno"... non me ne vogliate!
Ci ho pensato un po' prima di scriverlo, sebbene le mie perplessità e la mia voglia di esporle siano di lunga data. Spero che nel trattare l'argomento io non urti chi c'entra nella situazione ma, magari ne è vittima.
Basta con i preamboli: come il titolo suggerisce oggi si parla di Steamboat, uno spazio espositivo/fumetteria/bar aperto nel novembre 2012 in pieno centro a Torino che tenta di replicare il successo dei comics store americani (come quello di Kick-Ass per intenderci) dove i nerd possono comprarsi l'ultimo numero del loro fumetto preferito e sfogliarlo assieme agli amici seduti ad un tavolino con un milkshake o un maritozzo (il celeberrimo maritozzo americano).
Dietro il progetto c'è Vittorio Pavesio, lo stesso Vittorio Pavesio dell'omonima casa editrice, del Torino Comics e della Scuola Comics di Torino. Uno che quindi il fumetto lo mastica e non da ieri. La persona ideale, sulla carta, per poter rendere giustizia al fumetto e creare un paradiso nerd che possa aprirsi anche a chi non conosce la nona arte se non di sfuggita o grazie ai recenti blockbuster.
Lavoro a pochi metri dal locale e decido, pochi giorni dopo l'apertura, di farci un salto. Da fuori l'impressione è positiva. L'insegna dorata richiama al
leitmotif del locale, lo steampunk, ma anche a
Steamboat Willie, il cartone Disney dove apparve per la prima volta
Topolino (Pavesio è un grandissimo fan del mondo disneyano e grande collezionista di memorabilia in tema). Sulle colonne del porticato sono installati monitor che alternano gli spot della Scuola Comics (dove gira anche l'immagine del progetto che presentai all'esame finale,
Storie di un Tizio Qualunque), a quelli dei futuri eventi e i futuri incontri con gli autori, nelle vetrine all'ingresso action figures e volumi di pregio, dalle altre vetrine si intravede la caffetteria, anch'essa in perfetto stile steampunk
L'impressione che si ha, anche una volta entrato, è quella di andare oltre al "normale" comics shop americano. Pare quasi che si voglia creare un "salotto letterario" dei fumetti, dove poter leggere su una comoda poltrona in stile impero l'ultima graphic novel dell'autore in voga.
C'è però qualcosa che "stona". E non mi riferisco né alla tinta giallo evidenziatore pugno in un occhio presente in tutte le sale che di certo non rilassa la vista (probabilmente è la stessa avanzata dalla Scuola Comics a cui devo la perdita di un paio di diottrie) e non sono nemmeno i peluches giganti di animali inseriti a random come oggetto di arredamento. Il problema è un altro: è la sciatteria.
Premetto che NON ho visitato la zona "ristorazione" e che questo mio articolo NONvuole essere contro i giovani ragazzi che vi lavorano. È palese la loro buona volontà e la loro diligenza nel gestire il negozio. Il problema purtroppo temo risieda in come la cosa viene gestita ad un piano più alto. In tutto l'edificio l'impressione che si ha è quella di un bazar male organizzato, lasciato a marcire nell'incuria, che tanto qualcuno ravanando trova qualcosa da comprare. Il salone al pian terreno (quello dove si tengono anche le varie conferenze ) è forse quello che si salva di più (o forse sono io troppo indulgente). Lì si trovano i classici BD francobelga, le immancabili proposte dell'editore Pavesio e una discreta selezione di manga, espsosti senza troppo risalto. La saletta dietro la hall invece ospita senza alcuna razionalizzazione action figures, gli immancabili peluches, e avanzi di magazzino di vario tipo. E la situazione si ripete anche nella sale al piano di sopra, quelle cioè dedicate al fumetto americano.
Sapete qual è la differenza tra un fumetto arretrato e un fumetto semplicemente "vecchio"? Fisicamente nell'albo non vi è alcuna differenza. La differenza sta in COME questi vengono disposti e in come vengono "gestiti" da chi li vende. Un fumetto arretrato è un fumetto imbustato, in un raccoglitore dove ci sono gli altri albi della testata disposti in ordine cronologico. Un fumetto vecchio è un fumetto random di una testata random di un periodo random buttato su un tavolino assieme ad altri fumetti random di testate random di periodi random. E non è una questione di pignoleria (mai imbustato un fumetto in vita mia e si vede ahimè) ma una questione di rendere un servizio migliore a chi viene a comprare, che sia l'appassionato che cerca un arretrato o che sia il ragazzo che entra per la prima volta in una fumetteria. È questo che differenzia un negozio come quello che sembrava essere nelle intenzioni Steamboat e le bancarelle dell'usato in Piazza Albarello (che, per carità, ci ho trovato le meglio cose in quelle bancarelle... ma allora a quel punto vado direttamente lì, no?).
A concludere il tutto (in peggio) la saletta che si affaccia sul salone al piano di sotto a cui sono dedicati tutti i fumetti americani che non siano Marvel e DC: una scaffaleria dove sono appilati ed esposti alla bene e meglio volumi casuali di case editrici casuali, pacchi di albi ancora incelofanati e buttati lì senza preoccuparsi troppo (sospetto non siano stati nemmeno messi ad inventario, ma è solo un presentimento) e, la chicca, "l'angolo delle occasioni" dove si trovano albi di testate e di case editrici chiuse da secoli nemmeno tenuti troppo bene. Residui di "sgombero cantine a prezzi modici" insomma.
Prima delle feste passo (senza entrare) di fronte al negozio. Ormai sono francamente disilluso e non credo che si possa fare di peggio. Purtroppo mi sbagliavo: l'entrata è per metà ostruita da un FRIGO pieno di dolci di ogni sorta, nell'ingresso, prima della zona bar, non troppo distante dal secondo omnibus del Thor di Simonson un espostiore di pizzette calde, nelle vetrine, tra una statuetta di Batman Black & White e il saggio di Alan Moore vassoi ricolmi di pasticcini e frutta di marzapane!Ok, l'intento del negozio è quello di unire la caffetteria alla fumetteria... però mi chiedo se sia possibile che un posto del genere, in una zona del genere, con delle potenzialità del genere e in mano ad uno che VIVE di fumetto... sia ridotto così male da doverla buttare sui pasticcini per poter attirare qualcuno? Davvero il fumetto va così male a Torino? Non vi so dare una risposta, so soltanto che fino ad un paio di settimane fa (scrivo il pezzo il 19 febbraio) vi era un cartello che diceva "chiuso fino al 23 gennaio", sostituito parecchi giorni dopo il 23 gennaio "chiuso per inventario", sparito anch'esso.
Non mi sento, come vi dicevo, di dare la colpa ai giovani commessi del negozio. Le volte che sono andato ho avuto sempre il sentore che fossero alla prima esperienza nel gestire una fumetteria e che, soprattutto, facciano miracoli con i pochi mezzi e il poco supporto che gli viene dato. L'idea che purtroppo mi sono fatto è quella di un totale abbandono da parte di chi ha voluto e creato quel posto. Lo stesso abbandono progressivo a cui si assiste da anni a Torino Comics, la fiera del fumetto nostrana che, di anno in anno, in assoluta controtendenza rispetto al resto di italia, diventa sempre più povera, sempre meno incentrata al fumetto e sempre più bazar di cazzabubbole (sto usando la parola "bazar" troppo spesso, me ne dolgo ma non trovo termine più efficace), con i soliti (bravissimi eh!) autori e con i soliti (bravissimi anche loro eh) ospiti internazionali, tutti guarda il caso pubblicati da Pavesio. E poi l'immancabile retrospettiva su Star Wars (con special guest lo stuntman di uno che appariva in tre inquadrature de Il ritorno dello Jedi), l'altrettanto immancabile incontro con i doppiatori di un anime di trent'anni fa (l'effetto nostalgia fa sempre breccia)...tutta una serie di situazioni deprimenti che hanno portato tanti espositori a dare forfait (l'immensa pianura desolante formatasi l'anno scorso in mezzo agli stand dei più duri e puri portava ad essere imbarazzati per osmosi) e ad editori di POCHISSIMO conto come Panini a non presentarsi con il proprio stand. E la cosa TRAGICA a coronare il tutto è che, a confermare che, pur non traducendosi obbligatoriamente in fumetti venduti, l'interesse verso la nona arte è cresciuto a dismisura. Gli ingressi sono sempre maggiori nonostante tutto e i biglietti costano sempre di più! Tutto sembra essere in mano a mercenari che non sanno cosa sia il fumetto e che vogliono solo speculare. E il sapere che così non è fa ancora più tristezza e ancora più assurdo tutto ciò.
Non so quale sia il destino che spetta a Steamboat e, in estensione, al Torino Comics. La mia speranza è che ci si possa rendere conto degli errori passati e che si possa avere il coraggio di osare qualcosina di più. Cittadine ben più piccole di Torino come Lucca e Mantova l'hanno dimostrato.